Convegno SIFP, Milano (21-23 Novembre 2019)

Università degli Studi di Milano-­Bicocca, Piazza dell’Ateneo Nuovo 1

Venerdì 22 novembre, ore 15. Panel: Verità potere e politica

J. Marchetti. “Democrazia policentrica: una risposta alla democrazia epistemica?”

Uno dei principali dibattiti della filosofia politica nel corso degli ultimi quarant’anni, inaugurato da John Rawls con la sua teoria della giustizia, ha visto come tema la questione di come sia possibile, nonostante i disaccordi profondi e onnipresenti che attraversano la società, trovare forme di associazione e architetture istituzionali desiderabili. Mentre i protagonisti di tale dibattito, motivati non sempre da visioni politiche omogenee, hanno interpretato il disaccordo normativo non solo come un problema teorico, ma anche come una situazione che può mettere in pericolo la stabilità dei processi decisionali, un’altrettanta ricca tradizione nell’ambito della “democrazia epistemica” ha esplorato il problema di come valutare e strutturare architetture istituzionali concorrenti per massimizzare il progresso epistemico e le loro capacità di risolvere problemi sociali. 

I contemporanei esponenti di questa tradizione — che trova il suo locus classicus nel libro di Michael Polanyi The Republic of Science (1962) ed il suo corrispettivo socio-istituzionale nelle riflessioni di Friedrich A. von Hayek sull’utilizzo della conoscenza nei mercati — ritengono che, sotto certe condizioni, la democrazia sia epistemicamente superiore alle architetture politiche alternative per risolvere i problemi sociali in quanto il processo deliberativo pubblico è il più adatto per sfruttare a pieno il trasferimento della conoscenza (Landemore 2013).

In un recente studio, Müller (2018) considera l’idea della “democrazia policentrica”, sostenuta da alcuni economisti istituzionalisti (Aligica & Tarko 2012, Aligica & Boettke 2011) quale approccio alternativo a quello della democrazia epistemica. Secondo Müller, sebbene i dibattiti sulla democrazia epistemica ruotino attorno alla conoscenza, il termine è per lo più trattato come una “scatola nera”. Per dimostrare che le capacità di problem-solving della democrazia siano migliori di quella delle strutture politiche concorrenti, costoro dovrebbero presentare dei validi argomenti su quali tipi di conoscenza abbiamo bisogno per la soluzione dei problemi sociali. I sistemi policentrici — definiti come accordi istituzionali che coinvolgono una molteplicità di policy che agiscono in modo indipendente, ma sotto i vincoli di un quadro democraticamente controllato progettato per la concorrenza istituzionale — sono invece in grado di fornire molte più conoscenze sui modi alternativi di organizzare la società e possono inoltre contribuire alle domande di creazione di nuove conoscenze e all’incremento del pluralismo istituzionale.

Accogliendo questi spunti, nella conclusione della proposta si vuole valutare l’implementazione di policy basate su una conoscenza dislocata e “situata” all’interno di diversi contesti istituzionali. In questa direzione, parallelamente all’idea di democrazia policentrica, sono state elaborate alcune soluzioni: da un lato procedure sperimentali “mini-politiche” per valutare la qualità dei processi decisionali su scala ridotta e allo scopo di migliorare la conoscenza politica (Fung 2011, Strandberg 2013, Grönlund et al. 2013), dall’altro soluzioni giuridico-politiche, come quella del Constitutional Culture, (Wenzel 2007, 2014, Siegel 2016) il cui obiettivo è quelle comprendere come i contesti istituzionali, fondendosi con gli elementi giudici, cognitivi, culturali e tecnico-economici, possano dare luogo a delle miscele di particolare successo che favoriscono prestazioni politiche elevate altrimenti irraggiungibili in base ad un piano di deliberazione collettiva.

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